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Civico n° 0


Il numero civico è un codice numerico con il quale la società contemporanea identifica ogni abitazione e la include nella propria pianificazione urbana. L’assenza di tale attribuzione rappresenta perciò, emblematicamente, il grado zero di riconoscimento sociale. Civico n° 0 riflette la condizione di chi da tale pianificazione ne è escluso, categoria di esistenze espressa dalla eufemistica denominazione “senza fissa dimora”. Pastorello attinge al patrimonio di archetipi di base dell’immaginario per costruire un modello essenziale di casa, immediatamente riconoscibile, che egli però definisce Casa_stazione, per sottolineare il carattere transitorio del Civico n°0, cosi come le stazioni che rivestono il ruolo di luogo di passaggio e rifugio temporaneo della geografia urbana odierna. L’uso del cartone per la realizzazione si svincola dalle problematiche post-contemporanee legate alla conservazione di opere d’arte create con materiali soggetti all’usura del tempo. Il cartone, per la sua estrema deteriorabilità, si dimostra perfettamente funzionale ad esprimere il provvisorio e l’inaffidabile, tratti opposti alle caratteristiche che l’immaginario attribuirebbe all’idea di casa, portando cosi al limite dell’ossimoro l’immagine veicolata da una “casa di cartone”. Attraverso l’installazione Pastorello occupa e ridefinisce lo spazio dell’esposizione, traccia nuovi confini intorno ad un luogo neutro, grado zero di abitazione, rifugio di solitudini, apolidi, viandanti, tentando in questo modo un atto di sabotaggio di un sistema come quello dell’arte che sul principio di esclusività si regge e si alimenta. Così, proprio per mezzo delle sue stesse regole, lo spazio esperto di esposizione svolge la funzione a cui è addetto e ci costringe a includere nel nostro campo visivo l’escluso per eccellenza, talvolta lacanianamente troppo in evidenza per essere visto, tal altre banalmente scomodo alla visione. La stazione allora, da luogo di passaggio per transiti distratti dalla meta successiva, diviene meta finale del processo creativo, focus verso cui far convergere gli sguardi dello spettatore indotto senza costrizione all’attenzione. L’operazione scardina dall’interno con amara ironia dispositivi consolidati e rassicuranti, da parte di chi conosce le regole del gioco e si muove sulla linea di frontiera, continuamente in transito tra la realtà vissuta e quella ricreata, reinventata e trasformata dall’invenzione artistica, per rivolgersi forse al carattere essenziale dell’opera dell’arte che la accomuna al principio di giustizia: gesto universale e inappropriabile, perciò per/di tutti e per/di ciascuno. Nessuno escluso.

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